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venerdì 22 giugno 2012

Le parole non dette di Caponnetto

Probabilmente, nel momento in cui torna alla memoria l'esile figura del Giudice Antonino Caponnetto, con lui, riescheggiano quelle poche parole dettate dalla disperazione, poi favorite dall'amplificazione mediatica.
Ma Antonino Caponnetto ha proseguito oltre, con quel grido di speranza e di coraggio, a cui ogni cittadino di un Paese governato dal diritto deve appellarsi.
Quelle che seguono, sono altre parole, di minore effetto mediatico, ma di profondo significato morale, che soprattutto i giovani - fertile terra per la semente della giustizia - dovrebbero ricordare, sempre:
"Sono venuto qui due volte in poco più di un mese, con il cuore a pezzi perché ho perso Giovanni, Francesca e Paolo, che per me erano figli, fratelli e amici.
Presidente, quando ho detto che era tutto finito, ho sbagliato.
Nessuno di noi, e io meno degli altri, ha il diritto di dirlo.
Arrendersi significa tradire gli ideali di Paolo, Giovanni e Francesca.
Paolo è morto per lo Stato, nel quale credeva.
Ora, questo stesso Stato che lui ha servito fino all'estremo sacrificio deve realmente dimostrare di essere presente.
E' giunto il tempo delle grandi decisioni che le vicende impongono.
Non è più il tempo della gente che vive delle collusioni, degli attendismi, dei compromessi, delle furberie.
Presidente, dovranno essere uomini credibili e onesti, dai politici ai magistrati, a gestire questa fase necessaria di rinascita morale."

http://www.youtube.com/watch?v=1WMLdc1a7hQ

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