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giovedì 21 ottobre 2010

La marcia su "Roma Ladrona"...

Quando si invecchia - almeno nel mio caso - si è portati a pensare che la storia non è quella che ci raccontano sui banchi di scuola o poco dopo, sui banchi di lavoro o, più in generale, su quelli dell'esistenza; la storia, più probabilmente, è quella che si è disposti a credere o che si è convinti di credere, anche perché personaggi come Carlo Azeglio Ciampi, sono disposti a rendere note le proprie memorie e dunque, il proprio raccontro della propria storia, profondamente intrisa della storia d'Italia.
Così è difficile per uno studioso della storia recuperare quei reperti che talvolta non gli appartengono: perché troppo giovane o, più semplicemente, perché troppo distanti o diversi dal proprio convincimento. Non c'è offesa alla storia, a quella vera, scritta sulle pietre sepolte dalla polvere dei secoli, da parte di coloro che ne fanno studio; ma l'inevitabile conseguenza del fatto che chi studia la storia è un uomo e dunque fallace e disposto a fallire, soprattutto se sospinto dalla necessità di provare l'orgasmo di una scoperta molto vicina al proprio credo ideologico. Insomma, per quanto intellettualmente onesti, si tende, ciascuno, a restare coinvolti dall'idea che ciascun storico si fa della storia.
Ebbene, io non sono uno storico, né, tanto meno, uno studioso della storia, ma mi sono abituato a credere che il fascismo - dal quale sono molto distante (per esser subito chiari) - non è stata una presa di potere, se non il riconoscimento del potere esecutivo da parte di chi, Re, a capo di una monarchia costituzionale, ha consentito a Benito Mussolini, di fare il Primo Ministro.
Che cosa distingua il Re, in una monarchia istituzionale, dal Presidente, di questa Repubblica, probabilmente, è un fatto meramente formale. Se non nel fatto che l'uno era il rappresentante di un potere filiale, la cui educazione a governare era sicuramente diversa da quella di chi, oggi, è figlio della politica, alla quale è affidato il compito di educare chi domani dovrebbe governare il Paese. Se non il fatto che in una monarchia di cui fanno sfarzo i soli nobili, in questa Repubblica, fanno sfarzo coloro i quali, comunque governano i popolani che da un lato osannano i buoni e dall'altro li fustigano, in ragione di passioni intestine, più o meno comprensibili.
Ma, beh, veniamo al mio convincimento della storia o, per meglio dire, dell'idea che mi son fatto di quella storia d'Italia, non così diversa da quella odierna.
Il 20 ottobre del 1922 - anno in cui nasceva mio padre, comunista, che mai partecipò ad un pubblico raduno fascista (né da balilla, ne da giovane fascista), in quanto antifascista, ma fedele all'Italia; tanto da subire la prigionia nei campi di concentramento inglesi (che la storia non cita, ma ci son stati), mentre commilitoni del regime giuravan fedeltà alla regina, fedeli alla loro italianità, piuttosto che all'Italia - ci fu la marcia su Roma e qualcuno dice, un colpo di Stato, mentre io dico che lo Stato riconobbe a Mussolini il diritto di governare l'Italia. Fu il Re a riconoscere a quel gruppo di facinorosi la possibilità di entrare in Roma, senza muovergli contro quell'esercito che probabilmente li avrebbe dispersi. Dunque, per me, non ci fu alcun colpo di Stato, nessuna presa di potere, se non il desiderio della gente di portare sul terrazzino un italiano capace di gridare alle c.d. "folle oceaniche" il suo "vincere e vinceremo". Ci fu il bisogno di far fronte a certe paure della borghesia e del clero, sebbene così distante dal pensiero fascista, ma così timorosi dei comunisti. Ci fu il "coraggio" dell'opposizoione parlamentare di ritirarsi dal Parlamento, lasciando che personaggi come Matteotti venissero massacrati a colpi di manganello...
Ma la storia cambia e si diventa più buoni. Così come un camaleonte la cui natura di mangiatore di insetti non muta, se non nel colore, la natura politica dell'uomo non muta, se non nelle bandiere con le quali spesso si riempono le piazze o i cerimoniali funebri.
Così le marce su Roma - adesso Ladrona (ma val sempre la pena occupare la sedia di Cesare, quando gli elettori sono troppo presi dall'ammirare chi ci sta sopra, anziché il simbolo che lo sorregge) - si ripetono e così accade che il popolo ha ancora qualche spauricchio dal qual difendersi, sì da ricorrere, di tempo in tempo, a reclamar la figura dell'uomo forte. E perché, non un Re, ma un Presidente, non dovrebbe affidare al popolo quel personaggio che sembra più in linea con quel sentimento nazionale? Il Re, sì, venne esiliato e con lui tutta la sua famiglia, perché non fu abbastanza coraggioso da muover l'esercito contro i fascisti, anziché far capo del governo chi li rappresentata con onore. Per un Presidente, questo, probabilmente non può avvenire e chissà se sarebbe giusto per questo, quando non lo è stato per quello.
Certo, la mia, è solo un'idea della storia di questo Paese. Non sono uno storico, non conosco la storia, non ho la cattedra per raccontarla e, probabilmente, se lo dovessi fare, dovrei tacere e documentarmi secondo il comune senso della storia d'Italia.
La mia è solo una riflessione da italiano piccolo, piccolo.
Che più che scandalizzarsi per quello che non fa o fa il mio Presidente; più che stupirmi per l'olio di ricino che somministra od evita di somministrare il Capo del Governo; che avvilirmi per un modo becero di fare opposizione, pronta a tagliarselo per far dispetto alla moglie; che restare basito dinanzi ad un "Gran Consiglio del Fascismo" che dstituisce il proprio dittatore, per il Futuro e la Libertà del Paese, ma poi è subito pronto a tutelarne la persona.
Più di tutto questo, sorrido, dinanzi a quel modo tutto italiano, di non restare fedeli all'Italia; ma solo all'idea d'Italia che ciascuno, in modo così personale e diverso da un altro, ha di questa Italia, credendo nella storia più interessante che gli viene raccontata.
Mio padre non c'è più ma, come credente, credo che mi può adesso osservare e capire che la storia della sua vita, è stata molto più interessante dei libri di storia somministrati a piccole dosi, nella scuola dell'obbligo. Che quella storia fatta di uomini coerenti - fascisti o antifascisti, non conta - e dispositi a prendere botte e scherni, per l'onore dell'Italia, è la storia che più mi ha affascinato e mi appartiene.
E' anche la storia della prima Repubblica, costruita da politici che nell'Agorà romana hanno ricostruito un'Italia unita e repubblicana, condividendo un'unica idea di Paese normale, descritto in quel libriccino che hanno chiamato Costituzione.
Sicuramente, una storia ben diversa da quella che è stata "La marcia su Roma Ladrona" e dei ladroni che se la sono presa.