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martedì 15 gennaio 2013

La testimonianza di una vittima della strada...

Qualche giorno fa, una "minuta" ragazza di trent'anni, in compagnia del marito, si è affacciata alla porta del mio ufficio, affaticata e zoppicante... una battuta scontata per il responsabile dell'Ufficio Infortunistica: "incidente, eh!"... più che una battuta scontata, è proprio una battuta inutile, stupida, vuota: ma ormai è andata.
La giovane, annuisce e mi fa capire che per me è una sconosciuta, una delle tante persone che "transitano", ma che ho conosciuto sul finire dell'estate, nel momento in cui, una telecamere di servizio, la ritrae mentre viene caricata da un'auto che "buca" una precedenza, se la trascina per circa dieci metri e la scarica dall'altra parte dell'anello di rotatoria, procurandole gravissime lesioni.
Non entro nel merito della vicenda, giacché il fatto è al vaglio del Magistrato competente ed il mio compito è naturalmente quello di descrivere "i fatti", lasciando da parte le considerazioni, le congetture, le opinioni... Però, mi sento di dire, che se non c'erano le telecamere della videosorveglianza, probabilmente, oltre al danno, la giovane naturalista, subiva la beffa di una colpa che non aveva: purtroppo, l'indagine classica ha i suoi limiti, talvolta derivanti da un approccio sbagliato e, soprattutto, da quell'omertà diffusa, che non riguarda soltanto i luoghi di mafia, ma la nostra italianità, presente anche in terra di Versilia dove, di tanti testimoni, nessuno era pronto a rendere testimonianza.
Ma, dicevo, che l'infortunata, sì, era una naturalsista, e tra le tante cose che mi ha detto, anche questa l'amareggiava: "Sa perché ero lì? Perché venivo sul vostro litorale, in bicicletta, per fare un allenamento, giacché sono una maratoneta. E venivo in bicicletta perché volevo contribuire a salvaguardare il pianeta, anche con il mio "piccolo" comportamento e non trovo giusto che qualcuno mi tolga le cose belle della mia vita".
Quali sono - perché, secondo me, una tosta così, le recupererà queste cose - le cose belle della sua vita?
Non il lusso sfrenato che ci viene propinato da certe immagini televisive, certe serate dove tutto viene bruciato in poche ore: dai metri di tessuti, al cibo buttato al macero degli stomachi insaziabili o dei cassonetti, alle varie energie in gioco, alla stessa vita, scambiata per qualche "striscia" o qualche orgia dove la sessualità, anche quella, si fa oggetto da consumare.
Le cose belle della sua vita erano un posto di lavoro (trattandosi di una precaria della scuola che, a causa dell'incidente, non avrà più quel posto di lavoro), il suo sogno di ricercatrice (un invito a Parigi, che non potrà più onorare), le sue corse a piedi e le sue passeggiate in montagna, la sua famiglia: quella famiglia fatta di gente del sud, che non ha più al seguito le valige legate con lo spago, ma un'altra valigia invisibile, celata dalla dignità della persona umana, anche quella, legata da uno spago sottile e fragile, adesso strappato da questo incidente, il cui contenuto - la speranza - sembra esservi sparso su quell'anello di strada, dove questa ragazza, ha rischiato di morire l'8 settembre 2012, il giorno dell'Armistizio.
Sembra che per questa giovane, ci sia stato un armistizio con la morte ed in questa battaglia ha vinto la vita, sebbene resta una vita difficile da portare avanti... ma il coraggio ha sempre la meglio sulla ragione.
Sì, perché quella ragione, quel modo di ragionieralizzare la nostra esistenza, valutando la vita, al netto delle sue negatività, potrebbe portare a credere che non vale la pena di vivere - così come, drammaticamente, accade - se non che, c'è un coraggio ed è, paradossalmente, proprio il coraggio della ragione, che ha portato Angela Palermo a scrivere: "...devo tradurre questa esperienza in un'opportunità...".
E questa opportunità, si chiama, testimonianza.
Angela, vuole essere una Testimone - lei, figlia del Sud, che non ha avuto testimoni - di un'ingiustizia che non riguarda soltanto lei, ma molte altre persone che hanno perso la vita o hanno difficoltà a vivere la vita che gli resta da vivere, a causa di quello che lei non vuole chiamare "un incidente".
Questa è la sua testimonianza, ma è anche un invito a tutti quanti ad aiutarla a testimoniare (nelle scuole, nelle associazioni e in tutti quei luoghi in cui, la sua presenza ed il suo martirio percepibile, possa aiutare a mutare i comportamenti), coinvolgendola in iniziative di informazione e di formazione.
Chi volesse accogliere questo appello, può rivolgersi a me, che provvedrò a metterla in contatto, aiutandola a raggiungere, in concreto, questa opportunità di sentirsi comunque utile.
L’8 settembre 2012 sono stata investita da un’automobile che andava a velocità sostenuta. Ero in sella alla mia bicicletta e ricordo solo un tonfo sordo, poi il buio e il
risveglio con dolori indescrivibili.
La giornata si preannunciava uguale a tante altre piene di impegni. Invece un giorno qualunque, in un posto qualunque, la tua vita cambia per sempre. E quel giorno
così banale, si trasforma nello spartiacque tra la vita di prima e quella di dopo. Dopo l’ “incidente”.
I miei sentimenti prevalenti in questa situazione sono assai diversi e tra loro contraddittori. Ad un senso iniziale di rabbia si è andato accostando un sentimento di
ingiustizia. Poi i giorni passavano e le sofferenze, invece di diminuire, aumentavano, così da trasformare la rabbia in sconforto e il senso di ingiustizia in disperazione.
Ingiustizia perché? Perché la verità è che sulle strade la prudenza non salva dall’imprudenza altrui. Perché per moda, in tante trasmissioni televisive, sui giornali, si
predica il dovere di utilizzare mezzi alternativi all’automobile per “vivere meglio”, “per vivere bio”, per “tenersi in forma”. E così, noi ci si sente quasi dei paladini che al
posto delle armi utilizzano sempre la bicicletta, infallibile arma verde in difesa del nostro pianeta che non sta morendo ma che stiamo assassinando.
Le nostre strade sono sempre più simili a campi di battaglia dove troppi “soldati verdi” muoiono sul campo, uccisi da automobili simili a mine vaganti.
I governi nazionali e l’Europa dove sono? Perché non intervengono a sostegno di leggi che promuovano una vera rivoluzione verde? Si dovrebbe, per esempio,
investire di più in piste ciclabili, dotare le strade di una segnaletica stradale più specifica e, non da ultimo, appoggiare la proposta di alcune associazioni di introdurre il
reato diomicidio stradale e costringere le assicurazioni a pagare somme più importanti alle vittime o alle loro famiglie.
Nessuna somma può ripagare delle sofferenze fisiche e psicologiche che un “incidente” come il mio può provocare, ma questa indifferenza è insopportabile. Io sono
stata “fortunata” perché sono viva, ma per la maggior parte delle persone che vengono travolte con quella violenza la vita siconclude sull’asfalto.
La signora che mi ha investito non solo non ha chiamato i soccorsi, ma non mi ha mai contattata per chiedermi come stessi. Giacevo in fin di vita sull’asfalto e mi ha
salvata un ciclista medico che passava per caso di là. Gli atti inqualificabili come quello della signora che ha investito me, devono diventare aggravanti imperdonabili in
tribunale. E invece, mentre io devo imbottirmi di morfina per alleviare dolori insopportabili, la signora è libera.
Libera di dormire senza dolori, libera di abbracciare suo marito, libera di alzarsi, libera di mangiare, libera di uscire, libera di lavarsi, libera di leggere, di scrivere senza
sentire dolore, libera di respirare senza che il respiro stesso tolga il fiato.
Due giorni dopo l’ “incidente” mi hanno contattato vari licei per proposte di supplenze annuali, ma io non ho potuto certo firmare il contratto né assumere servizio.
Mi sono così ritrovata anche senza lavoro, senza il pagamento della malattia, perché non ho un contratto. Senza il punteggio. Per un professore precario come me
questo vuol dire essere scavalcati in graduatoria, con tutte le conseguenze che questo comporterà. Sono formalmente disoccupata, eppure le spese che devo
sostenere sono ingenti. Ho dovuto acquistare tante medicine, stampelle, busto, pannoloni, pagare per richiedere la cartella clinica,etc. I sindacati dicono che non c’è
niente da fare: “Signora, è la legge. Noi non possiamo fare niente. Solo in caso di gravidanza difficile lei può accettare una supplenza senza assumere servizio. In caso
di incidente stradale, lei non è tutelata dalla legge”. Piccola lezione di paradosso all’italiana: la gravidanza è una malattia, la malattia non è una malattia.
Mi chiedo: questo è uno Stato di diritto? Questa è Sanità pubblica? La verità è che la nostra Italia non è una democrazia e che è vero che solo i ricchi possono curarsi
adeguatamente. Il resto dei malati deve chiedere aiuto alle famiglie, se può, o semplicemente arrendersi alla triste realtà: non curarsi.
Io non so perché Dio abbia deciso di salvare me e non qualcun altro. Confesso di vivere questa mia condizione con un certo senso di colpa nei confronti di chi, invece,
giace morto su chissà quale lembo di asfalto. Mentre ero in ospedale è morto un ragazzo in un “incidente”. Mi sentivo in colpa.
Io guarirò. Ci vorrà tanto tempo ma guarirò. Ma non sarò più la stessa persona. Il mio corpo è stato martoriato e il mio spirito ferito. Penso spesso a quando, fra
qualche mese, uscirò di nuovo. Dove troverò la forza di non avere paura?
Io non riesco a spiegare quello che provo. E’ troppo complesso. Ho visto la morte e ho avuto paura. Tante altre volte l’ho invocata perché i dolori fisici sono
insopportabili.
Sono tante le cose che mi mancano in queste lunghe giornate tutte dolorosamente uguali: studiare in biblioteca, entrare in classe, correre. E non so se potrò mai più
tornare ad assaporare la fatica della corsa a causa delle condizioni della mia gamba destra. Ho riportato una frattura bimalleolare. L’osso ha bucato la pelle. A causa di
ciò hanno dovuto inserirmi viti e ferri all’interno della gamba. Ho cicatrici orrende sia sul lato esterno della gamba che sul lato interno. E’ stato un intervento di quelli
complessi, a detta dei medici. Ma non devo lamentarmi perché l’altra frattura, quella vertebrale, poteva portarmi conseguenze ancora peggiori: la paralisi. La
vertebra guarirà con l’aiuto di un busto molto costrittivo che sarà il mio compagno per tanti, troppi mesi. Senza di quello non posso nemmeno alzarmi a mezzo busto
e quando lo indosso provo dolore e faccio fatica a respirare. Ho riportato anche una fratturina alla mano destra, varie contusioni ed escoriazioni, una ustione. Mi
sanguinavano vari organi interni e ho avuto anche un ematoma a livello celebrale. Il viso, però, mi è stato preservato.
A detta di tutti devo essere contenta.
Contenta?!
Io non sono affatto contenta. Ho salva la vita ma non ho più la mia vita. E non l’avrò più. Tuttavia, per una sorta di economia mentale, devo tradurre questa
esperienza in un’opportunità. E poiché i sensi di colpa non sono utili se rimangono tali, devo fare qualcosa per le persone che, come me, sono rimaste vittime di
tentato omicidio stradale colposo. Iniziamo a non chiamarlo più “incidente”.
E’ per questo che mi sono permessa di scrivere pubblicamente di me. Altrimenti non l’avrei mai fatto. Chiedo perdono per quest’atto che spero non sia male
interpretato. Volutamente mi sono soffermata su particolari un po’ crudi. Credo che leggere la storia di una persona a noi vicina ci faccia riflettere maggiormente.
Siamo talmente bombardati dalla cronaca, tanto da non farci più caso.
Permettetemi un’ultima riflessione. Non le medicine, non la consolazione di avere la vita salva, non il pensiero della guarigione aiutano tanto quanto l’affetto delle
persone che ti vogliono bene e che ti incoraggiano a nonmollare.
Se voglio tramutare questa terribile esperienza in un’opportunità, devo partire da qui. Dall’incredibile solidarietà che mi èstata dimostrata e dall’affetto che mi è stato
donato senza averlo mai meritato.
Per questo mi commuovo e vi dico grazie dal più profondo del mio cuore, invitandovi, umilmente, ad approfittare dei tanti miracoli che la vita ogni giorno ci concede
di vivere.
Angela G. Palermo

martedì 8 gennaio 2013

Segnalazione sito

Segnalo l'interessantissima pagina http://posizionetelai.it/ che non contempla soltanto la ricerca del talaio (compresa la relativa app gratuita e senza pubblicità). Il riferimento viene inserito di lato, nella sezione polizia stradale.

lunedì 7 gennaio 2013

Segnalazione sito

Tra gli strumenti del blog, ho inserito un nuovo sito http://www.sunearthtools.com/ dove, tra l'altro, è possibile determinare la posizione del sole in una determinata ora della giornata.
L'ho trovato utile per valutare l'eventuale possibile abbagliamento del sole in un incidente stradale.