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sabato 18 dicembre 2010

Buone feste

Con l'avvento della posta elettronica, prima dei vari Facebook, Twetter, ecc., iniziai un "percorso epistrolare" con i vari contatti che, strada facendo, incontravo sulla mia strada di persona e di poliziotto locale.
In questo percorso, la Pasqua ed il Natale hanno, in certo qual modo, segnato delle tappe obbligate per proporre delle riflessioni e con ciò formulare i miei personali auguri per le migliori cose, durante queste festività.
La Festa, del resto, è o dovrebbe essere - almeno nel nostro immaginario di occidentali - un momento di festa, appunto.
Peraltro, invecchiando, gli entusiasmi tendono ad essere sostituiti dalle preoccupazioni o forse, vi sono più motivi, oggi, per preoccuparsi, che non ve ne fossero, ieri, per non preoccuparsi.
Così non posso non ricordare un recentissimo lutto che ha colpito la Polizia Stradale di La Spezia, ma ciascun operatore della polizia stradale. La giovane Sovraintendente Maria Teresa Marcocci, infatti, ci ha lasciati, durante un banale controllo: un ubriaco, incidentato. Il maltempo e, qualcuno dice, la sorte, si è messo di traverso ed un ramo di una pianta l'ha ghigliottinata come una condannata a morte. Lei, è la cinquantanovesima vittima del lavoro, caduta nell'adempimento del dovere, dal 1990 ad oggi. Invito per questo a vedere il filmato pubblicato alla pagina web http://www.youtube.com/watch?v=Ruf16fhgBSc in ricordo delle vittime ma, in ragione di questo, propongo una prima riflessione.
Perché, quando muore un poliziotto, nessuno parla di vittima del lavoro o, come nel caso di Maria Teresa, si dice che era il suo momento? Perché se cade un operaio da un'imaplcatura, o un cisternista resta intrappolato dai gas, si parla di vittime del lavoro? perché in questi casi non è la loro ora ma si parla di situazioni che non dovrebbero accadere? cosa rende la vita di una poliziotta meno dignitosa della vita di qualsiasi altro lavoratore?...ma questo accade e credo sia giusto farci sopra una riflessione.
Non si muore mai per caso, in nessun lavoro, tanto meno in chi fa il poliziotto.
Perché chi indossa un'uniforme e varca la soglia di casa, non sa mai se ne farà ritorno, giacché si predispone a combattere la sua "buona battaglia". Dalle piccole discordanze con i cittadini, che riversano su chi ha un'uniforme tutti i disagi di questo mondo; alle più grandi privazioni che culminano in manifestazioni contro un potere pubblico incapace, le cui frustrazioni sono facilmente sfogate sul poliziotto comandanto a garantire l'ordine pubblico. Quando si esce di pattuglia si è ben consapevoli che sulla nostra strada si può incontrare un delinquente che sa chi siamo noi e perché ci saimo (in quanto abbiamo un uniforme che ci identifica, pochi, tra molti), ma che per noi resta uno dei tanti sconosciuti che ha provato a rapinare il patrimonio di altri, mettendo in gioco di rapinare per sempre la nostra vita; o magari si fa un controllo, ci si predispone a fare una deviazione del traffico, consapevoli che siamo in mezzo al maltempo a cercare di salvaguardare la sicurezza degli altri a discapito della nostra.
Perché accade tutto questo? perchè ci crediamo.
Perché non siamo vittime del lavoro? perché a gli altri fa comodo crederlo.
E allora, il mio augurio, per questo Natale, va ovviamente, primo fra tutti, alla famiglia di Maria Teresa che non conosco - come non conoscevo Lei - ma che in certo qual modo, è un po' anche la mia famiglia. Affinché sia consolata dall'idea che questa donna ha combattuto la sua "buona battaglia" e come tale va ricordata: una lavoratrice che ha fatto fino in fondo il suo lavoro, a tutela degli altri, prima che di se stessa.
Eppoi c'è un altro ricordo molto vivido e cioè la recente manifestazione di piazza in Roma. Un'inconcepibile aggressione di un Ministro della Repubblica ad uno studente che sol per questo, in un Paese normale, costringerebbe quel Ministro a dimettersi, per l'incapacità di controllare le proprie emozioni e quindi il futuro della nostra Nazione. Ma, per altro verso, c'è l'inconcepibile silenzio degli studenti che non hanno deprecato il comportamento di chi ha malmenato, ancora, la polzia, che era lì a fare il suo lavoro.
Certo, da un lato esisteva il diritto di manifestare: un sacrosanto diritto riconosciuto dalla Costituzione a tutela della libertà.
Ma dall'altro lato c'era il dovere della polizia di caricare chi, approfittando di questo diritto, esercitava lo stesso a danno di beni privati e pubblici e, soprattutto, contro le istituzioni democratiche.
Intanto, in Parlamento, dalla bagarre parlamentare sono uscite immagini forti di parlamentari che si sono offesi, picchiati,...incapaci di dialogare e di dimostrare al popolo italiano, che presumono di rappresentare, che c'è un modo diverso di voler bene a questo Paese martoriato e che non ne può più.
Anche qui un augurio. Un sincero augurio che il Natale, che rappresenta tanto per i credenti, come per i non credenti, il giorno dell'Amore; che si identifica con l'innocenza e la forza debole di un Bambino; ebbene, questo Natale, porti serenità interiore nei nostri cuori di cittadini, affinché si affronti secondo interesse istituzionale e non personale, ogni grave problema del Paese e laddove sia necessario mutare una compagine governativa, lo si faccia secondo le regole del diritto, che sono pur sempre la sintesiu di un ragionamento condiviso e non la manifestazione di una rabbia atavica.
Infine, l'ultimo pensiero, lo rivolgo a quelle famiglie delle giovani ragazze che non solo nella Puglia del sud Italia, ma anche nel produttivo nord Italia (quasi a dimostrare che non esiste una questione meridionale, ma un'Italia che deve restare unita, anche nel dolore, anche nel terremoto, come nell'alluvione) sono sparite e che proprio in questi giorni prossimi al Natale, non sono più in famiglia. In un Paese normale, certe cose non dovrebbero mai accadere: ma queste cose accadono e ci dimostrano quanto, nonostante tutto, siamo ancora deboli ed indifesi, nei nostri più cari affetti. Ed allora quest'ultimo augurio è alle famiglie, affinché la serenità del Natale le raggiunga, ci raggiunga, forse dimostrando che c'è un valore molto più alto dei beni di consumo, degli oggetti, delle merci: ancora l'Amore, Quello familiare, quello della prima società naturale che si mette al servizio dei propri cari, per costruire una famiglia e quindi un Paese familiare, all'interno del quale, si dovrebbe imparare a riconoscere questo valore familiare anche a chi, concependo un diverso modo di amare, si unisce in una convivenza, che resta garantita solo e solo se, le parti in gioco, sanno amarsi reciprocamente.
Auguri.

2 commenti:

  1. Auguri a te Giovanni, grazie per le parole che usi verso il nostro variegato mondo fatto di uniformi tutte diverse ma con sotto la giacca un grandissimo cuore.

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  2. Al mio caro Responsabile, che come sempre si ricorda di me nonostante mi sia allontanata dal mare stupendo, preferendo le colline.... Auguro uno felice Natale ed uno srepitoso anno nuovo! Con Affetto Francesca

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