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domenica 24 aprile 2011

24 e 25 aprile 2011

Questa Pasqua e questo 25 aprile 2011, sono intimamente uniti dallo stacco di pochi minuti di un orologio.
Nel cessare una ricorrenza religiosa, che ricorda il passaggio del Mar Rosso e la fuga degli Ebrei dalla sopraffazione Egiziana e quindi, la conquista della Terra Promessa, inizia la giornata di una ricorrenza civile, che ricorda il passaggio dalla dittatura alla libertà e quindi, la conquista del territorio italiano da parte dei propri figli, senza che alcuno potesse ergersi a fruitore di spazi di libertà, giacché la libertà venne riconosciuta come il fondamentale diritto inviolabile di tutti.

Dunque, due momenti così apparentemente distanti, ma così intimamente vicini: perché non c'è fede, senza libertà di credere, ma non c'è diritto di cittadinanza senza la libertà di esercitarlo.

In questo preciso momento, scattano i primi secondi del 25 apirle civile ed il mio ricordo va ai combattenti sui vari fronti italiani: da quelli propriamente militari, a quelli civilmente organizzati della resistenza partigiana.

Penso a di quanto sangue si è nutrita e si nutre questa mia libertà individuale e collettiva e pensando a questo, penso che ciascuno di noi, poggiando i piedi sul suolo di questa nostra terra italiana, forse, calpesta, incautamente, il sangue versato in nome di un ideale che per noi, oggi, è un diritto acquisito.

Ma un diritto che può essere facilmente perduto, nel momento in cui si commettesse l'errore di credere che questo diritto non può più disperdersi.

Allora, talvolta temo che siamo troppo distratti e così facilmente capaci di calpestare i cadaveri di quei soldati e di quei partigiani - ma di quei bambini, di quelle donne, di quei vecchi - che il nazifascismo ha umiliato e trucidato senza alcun ritegno, nel momento stesso in cui decanta il nostro impegno civile e si arriva a trattare senza alcun rispetto questo suolo italiano.

Quel suolo sul quale c'è chi oggi vuole imporre confini interni, prima ancora che esterni, quasi a ritenere, assurdamente, che possano esistere popoli proprietari di un territorio, violando ogni legge naturale che riconosce all'animale di vivere del territorio del quale si nutre. C'è ancora, oggi, chi ritiene che esistano superiorità di razza o di linguaggio, tanto da ergersi a detentore di una cultura basata sulla tradizione, che non ammette alcun confronto con altre culture, concependo con ciò l'annichilimento della cultura e di ogni cultura, quando questa sia divisa e suddivisa. C'è ancora, oggi, che crede di poter utilizzare lo Stato come luogo di esercizio del potere fine a se stesso e non anche come funzione pubblica posta al servizio dei cittadini.

Questo per me, significa, calpestare i martiri della libertà ovvero coloro i quali hanno dato la propria vita, e non parole o promesse, per garantire la vita-libera della generazioni a venire.

Tra breve ci saranno nuove elezioni amministrative, nuove promesse, nuove liste anonime (quasi a far esercizio di vergogna rispetto a quei partiti che sono l'asse portante del nostro sistema statuale che regge e può reggere, nella misura in cui esista, concretamente, il vero confronto pluralista) e auspicherei che questi candidati pensassero meno a far bella mostra di sé, pensassero meno a fare i conti sui numeri anziché sui valori, pensassero a farsi indietro, se necessario, per dare un futuro all'Italia Unita, Libera e Repubblicana: così come tanti martiri della libertà fecero un passo avanti per esporre il proprio corpo al fuoco nemico ottenendo, non la loro libertà, ma dei figli di questa Italia.

Dico grazie a questi Patrioti e spero che chi si appresta a dare un senso a quel sacrificio di valore inestimabile, nel momento stesso in cui sarà eletto ad amministrare i beni pubblici del Paese, ricordi il 25 apirle, non come un evento della storia italiana, ma come la storia italiana.

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