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sabato 21 gennaio 2012

Domani è un altro giorno...

Questa mattina Niccolò, il Collega di Milano barbaramente ucciso, ha cessato, finalmente, la sua "agonia giudiziaria", anche da defunto. Libero dai vincoli dell'A.G. è giunto a degna sepoltura.
Ieri, alla Festa di San Sebastiano, nel nostro piccolo, abbiamo ripercorso, per immagini e per racconti, la storia del nostro piccolo comando locale.
Non è stato semplice abbinare l'idea di un momento di festa ad un momento di così grave lutto...però, anche questo è la nostra vita professionale.
Perché, ormai, lo facciamo meccanicamente - anche quelli più lavativi di noi - e non solo perché a fine mese c'è uno stipendio da guadagnare. Facciamo che ci alziamo ed indossando la nostra giubba (così simile a quelle di tanti altri Colleghi di altre amministrazioni della sicurezza pubblica), più o meno onorati di farlo e appena fuori dall'uscio di casa, diventiamo i bersagli facili di una serie di soggetti che vanno dal balordo al camorrista più spietato.
Se poi capita come a Niccolò, eh no! non ci si dica che anche quello è un infortunio sul lavoro: quello E' IL NOSTRO LAVORO, anzi, come ha detto bene ieri sera Padre Domenico durante l'omelia, quella E' LA NOSTRA MISSIONE.
Rischiamo la nostra pellaccia e quella dei nostri familiari che restano o ci assistono, consapevoli che la spada di Damocle è sulla nostra testa: le cose non capitano, ma siamo noi che ce le facciamo capitare addosso e questo non solo per noi (dunque il 27), ma per una comunità che proviamo a credere di poter proteggere; anche quando quella stessa comunità ci lascia soli, come un branco di Don Chischotte, senza neppure un Sancho Panza a cui raccontare le nostre belle idee di giustizia.
Anche quando, come Niccolò Savarino, ci pariamo dinanzi ad un utente della strada (uno dei tanti sconosciuti), convinti che la forza debole dell'uniforme, da sola, sia sufficiente a ristabilire una regola elementare, quale il controllo della persona al volante di un'auto.
Anche quando una semplice bicicletta è il nostro scudo, dinanzi alla potenza di un autoveicolo condotto da un folle.
Per questo Niccolò è stato scortato, non da una delle tante auto blu che giornalmente scarrozzano a destra e a manca illustri sconosciuti, magari per portarli a fare la spesa, ma dalle biciclette dei Ghisa milanesi, perché questo siamo noi: sulle strade di Milano, come sulle vie vicinali di uno dei più degli ottomila uffici della Polizia Municipale.
Siamo, essenzialmente, soli.
Ma una moltitudine di solitudini diverse, ci fa sentire tanti e grandi: sicuramente uniti da una comune idea di giustizia, che ci fa sentire giusti e quindi, pronti ad andare avanti, oggi con un motivo in più, che è quello di onorare il ricordo di un nostro giovane Collega che partendo dalla Sicilia - pericolosa terra di mafia - è andato nella "Milano da bere", dove poter consumare, nella sua solitudine di uno di noi, il suo ultimo bicchiere di veleno.

2 commenti:

  1. E' per quello che tu hai scritto pochi centimetri più in alto che ho bisogno (perché forse solo di questo si tratta) di fare qualcosa che sia in più rispetto ai miei compiti d'istituto.
    Qualcosa che serva a creare un'immagine di un insieme di persone diverse per nascita, idee, modi di vita e uniti solo dal sottile filo del bisogno di essere un pò meno soli.
    Senza dare questo incarico ad una politica che naturalmente ci divide, ne a un sindacato che per esistere deve far proseliti e per far ciò deve necessariamente accettare compromessi.
    Io voglio avere l'infantile consapevolezza di essere un movimento senza alcun intento che non quello di poter passare la nostra vita lavorativa in modo più unito, dove il prossimo dei circa 60.000 di noi che porta la nostra divisa sappia di non essere mai completamente solo, nella grande città o nel piccolo paese.

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  2. Forse si potrebbe fare, forse...ma tu, ne sono certo, sai crederci molto più di me!

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