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domenica 24 gennaio 2010

Anno nuovo vita nuova...Siamo categoria?

Ciascuno di noi conosce il mondo in cui vive o, quanto meno, presume di conoscerlo.
Così ricordo che alcuni anni addietro, mentre leggevo un interessante articolo su di una importante rivista di settore, rimasi stupito di come, un autorevole comandante della polizia municipale avesse idee molto simili alle mie: tanto simili che almeno metà di quell'articolo era scritto in modo identico, ad un mio precedente articolo... ovviamente, senza alcuna citazione dell'autore primigenio.
Convinto che prima ancora della legge formale, esistesse una legge morale che imponesse ad un editore di verificare ciò che pubblicava, mi rivolsi al capo redattore che, con candida risposta, mi fece notare che son cose che capitano, delle quali non c'è da stupirsi.
Confidando ad un luminare del diritto amministrativo tale episodio, questi mi racconto che a lui era capitato di peggio. Indicato come relatore di un convegno del quale non conosceva neppure l'esistenza, in quello stesso ambito l'organizzatore del convegno stesso si scusò con i presenti per l'assenza del "trascinatore di folle", in quanto colto da malore. Ma, come si diceva nel toscanaccio Pinocchio: le buigie han le gambe corte e così, un tizio che partecipò a quel convegno e che non condivideva alcuni passaggi della relazione affibbiata - ma non fatta - dal luminare, decise di far come Msometto: siccome la montagna non poteva andare da lui, lui decise di andare alla montagna. Fu questa la circostanza per la quale il mio confidente seppe di un convegno che venne costruito in suo nome, con l'introduziuone di una relazione fatta da non si sa chi, ma affibbiata a lui e per di più, tacciato anche di salute malaticcia giacché per quella causa fantastica, non ebbe modo di relazionare ad un convegno presso il quale mai era stato invitato. Anche lui mi disse: che vuole fare? pensa che gli avrei dovuto far causa?
Come dire: è così che funziona.
E col tempo, partecipando ai convegni, ho imparato sulla mia pelle - che dottore non sono - che continuare a chiarire tale circostanza in ambito convegnistico non mi faceva onore ma, probabilmente, molto meno onore avrebbe fatto ai molti dottori eletti sul campo, giacché non sono davvero molti i cattedratici che sono definiti tali, se non autrorevoli colleghi, hai quali deve essere riconosciuto tutto il valore di uno studio, tutto personale.
Con ciò non mi sento da meno ad un generale, come non mi sento superiore al vagabondo che sceglie quel tipo di vita: se non un uomo a cui piace conoscere il mondo in cui vive, studiandolo e facendo di questo studio una cultura che peraltro, non ancora oggi - e forse mai - nessun rettore universitario mi ha riconosciuto.
Ma questo è un fatto molto personale, giacché non sono pochi coloro i quali hanno un loro diverso modo di concepire un titolo accademico, come il diritto d'autore, così come, più in generale, il collocarsi nella società come individui pensati, più che individui pensanti.
Ebbene, proprio in questi giorni, le cronache locali della mia complessa terra di Versilia hanno dato ampio risalto ad un fenomeno che, per quanto ho già detto è così scontato. Eppure, si è voluto portare al massimo livello un fenomeno così ricorrente, tanto da dedicargli la prima pagina e poi, ben due pagine interne. Tanto da comparare un discorso di oggi con uno precedente di tanti anni addietro, quasi che i giornalisti si perdano a confrontare quanto accade e si scrive oggi, con quanto accaduto e scritto ormai anni addietro. E grazie a tale espediente, si è voluto riesumare fatti scabrosi (a seconda di chi li racconta e nei termini in cui sono raccontati, senza aver poi fatto quell'analisi critica che un buon cronista dovrebbe sempre fare, buttandosi nella notizia e non bagnandosi di qualche suo schizzo) per attaccare una persona, più che per raccontare all'opinione pubblica dei fatti di cronaca.
Beh,capire i moti dell'animo, comprendere perché si è arrivato a fare tanto, analizzare obiettivamente un comportamento che sicuramente e per come viene raccontato non è condivisibile, non è facile. Ma viene più facile pensare che secondo una logica craxiana - l'uomo da copertina di questi tempi (e credo di aver detto tutto!) - quanto è accaduto è quanto accade e quindi, non è accaduto niente.
Piuttosto, mi riesce più difficile capire da dove arriva tutta sta astietà, tutto sto bisogno di mettere sulla graticola del giudizio morale un solo uomo, quasi che il suo comportamento - così simile e comune a quello di altri, ma per questo non più grave di altri - sia assimilabile a quello della strega da ardere sui ceppi dell'ipocrisia di una buia stagione dell'intelletto.
Non riesco a comprendere da dove provenga tutta questa acredine, questa necessità di abbassare il giornalismo al racconto da strada, alla critica becera della chiacchiera, rievocando fatti e cronache non ancora chiarite, né in bene, né in male.
Beh, forse la mia piccola intelligenza di uomo sospeso tra il barbone ed il generale, ma che resta se stesso, mi porta a credere che c'è anche qui chi tira i fili; anche in questo mi chiedo dove vuole andare questa categoria, quando non ha la forza, la capacità di lavare i panni sporchi in casa propria, senza vendere o svendere all'opinione pubblica un personaggio da bistrattare, forse per esaltarne altri ma, sicuramente, per ridicolizzare una categoria che ancora è alla ricerca di se stessa.

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